INTOLLERANZA AL LATTOSIO
L’intolleranza al lattosio è l’incapacità di digerire il lattosio che è il principale zucchero contenuto nel latte. Il 55% della popolazione mondiale è intollerante al lattosio.
Il lattosio è digerito da un enzima chiamato lattasi. In alcune popolazioni la presenza di questo enzima diminuisce in modo significativo con la crescita e dopo i primi anni la sua scarsa presenza rende difficile digerire il lattosio.
Fino ad oggi per verificare l’intolleranza al lattosio veniva effettuato per lo più attraverso il Breath Test all’idrogeno (BTH) in grado di valutare la presenza di idrogeno nell’espirato prima e dopo la somministrazione di lattosio. Il BTH comporta un grande impegno temporale da parte del paziente, circa 4 ore da trascorrere in clinica talvolta con manifestazioni importanti dopo l’ingestione del lattosio: i pazienti inoltre devono prepararsi adeguatamente nei giorni precedenti il test medesimo; nonostante questo, alcune patologie concomitanti, comportamenti non adeguati precedenti il test o l’assunzione, talvolta obbligata, di alcuni farmaci, possono portare a risultati falsi positivi o negativi. Diversamente il test genetico risulta essere non invasivo e veloce presentando risultati certi circa il rischio di sviluppo dell’intolleranza al lattosio.
Numerose ricerche hanno portato alla validazione e determinazione della specificità e sensibilità rispetto al BTH per cui è possibile proporre il test genetico nella pratica clinica. Inoltre questo tipo di analisi permette di distinguere tra l’intolleranza al lattosio di origine genetica, tipica dell’età adulta, e la forma indotta secondariamente (deficit secondario) in conseguenza di altre patologie per deficit di lattasi dovuto a danno della mucosa intestinale in seguito a gastroenteriti, alcolismo cronico, celiachia, disordini nutrizionali, terapie farmacologiche o interventi chirurgici, evitando falsi positivi e il sottoporsi da parte del paziente ad analisi particolarmente invasive come la biopsia intestinale o impegnative come il breath test.
Recentemente è stato identificato il gene della lattasi (map locus 2q21), il wild type è caratterizzato da una non persistenza dell’attività enzimatica al lattosio che spesso porta all’intolleranza. Sono stati individuati due differenti polimorfismi genetici responsabili invece della persistenza enzimatica”-13910 T>C, -22018 A>G”; queste mutazioni perciò costituiscono un vantaggio selettivo grazie al quale chi le possiede mantiene attivo il gene della lattasi riuscendo ad assimilare il lattosio anche in età adulta.
Numerosi studi hanno confermato in seguito come l’analisi di questi due polimorfismi costituisca un valido strumento di diagnosi per intolleranza da lattosio. La variante genotipica CC/GG associata ad una minore trascrizione del gene, è correlata con il fenotipo di intolleranza al lattosio.
Dal momento che il declino dell’attività della lattasi si sviluppa, nelle popolazioni europee, fra i 5 e i 12 anni, il test genetico effettuato nei bambini deve essere interpretato con attenzione.
In questo caso l’analisi delle varianti 13910 C>T e22018 A>G, deve essere considerata come un test di esclusione, utile cioè per escludere il coinvolgimento della componente genetica nell’insorgenza di eventuali disturbi conseguenti all”ingestione di alimenti contenenti lattosio.
PREDISPOSIZIONE ALLA CELIACHIA (Intolleranza al glutine)
La celiachia è una intolleranza permanente causata dall’ingestione del glutine, la frazione proteica presente in molti cereali (frumento, farro, kamut, orzo, avena, segale, spelta, triticale).
La reazione di tipo autoimmunitario che ne consegue determina la distruzione dell’epitelio interno intestinale, con conseguente malassorbimento di tutti i nutrienti.
Una diagnosi tardiva può quindi cronicizzare l’infiammazione determinando patologie gravi a volta irreversibili, come: osteoporosi, infertilità, aborti ripetuti, bassa statura nei ragazzi, diabete mellito, tiroidite autoimmune, alopecia, epilessia con calcificazioni cerebrali, linfoma intestinale, artrite reumatoide, epatite cronica attiva, dermatite erpetiforme.
Le gravi lesioni alla mucosa dell’intestino tenue, regrediscono eliminando il glutine dalla dieta.
La malattia celiaca non guarisce: l’unica cura consiste quindi nell’adozione di una dieta rigorosa.
L’incidenza di questa intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100 persone. La vastissima gamma di sintomi rende però difficile la diagnosi, al punto che circa l’80% dei malati di celiachia, secondo stime recenti, non sono stati ancora diagnosticati.
L’intolleranza può comparire, in un periodo qualsiasi della vita, spesso dopo un evento stressante quale una gravidanza, un intervento chirurgico o una infezione intestinale. Non sempre la celiachia si manifesta in modo palese:
La variabilità dei sintomi e la frequenza di forme asintomatiche rendono difficile la diagnosi per Morbo Celiaco; il test genetico rappresenta uno strumento rapido e affidabile sia per soggetti sintomatici con diagnosi anticorpale dubbia sia che per individui con familiarità positiva.
È stata dimostrata una forte associazione tra la Celiachia e i geni del complesso di istocompatibilità HLA II (eterodimeri DQ2,DQ8,DR4); il 90% dei celiaci è portatore dellantigene DQ2, mentre nella maggior parte dei celiaci DQ2-negativi riscontriamo la positività per il DQ8.
Gli stessi alleli sono osservati anche nel 25-30% dei familiari sani dei celiaci; infatti la presenza degli alleli HLA è un indicatore di predisposizione al morbo celiaco ed è essenziale. La conferma definitiva della diagnosi può essere data solo con la biopsia intestinale.
Il test genetico è di notevole aiuto quando sia necessario escludere la malattia celiaca, ed è determinante in caso di una malattia refrattaria alla terapia.
La risposta, di chiara comprensione, indicherà se il soggetto sia portatore o meno degli antigeni DQ2, DQ8, DR4 responsabili della predisposizione al Morbo Celiaco.
A CHI È CONSIGLIATO IL TEST
Nota: I test genetici di suscettibilità forniscono una stima del rischio genetico che un soggetto possa sviluppare o meno una patologia. I test genetici di suscettibilità devono essere interpretati nel contesto clinico e dello stile di vita del soggetto.